Ridere della scuola, oltre ad essere una moda commerciale remunerativa, può essere una strategia politica perseguita allo scopo di delegittimare la scuola pubblica e, nel contempo, non affrontare responsabilmente i problemi che la affliggono: sia quelli interni di organizzazione e di strutture, di formazione del corpo docente, di risultati e di valutazione degli alunni, sia quelli che rimandano alle questioni generali del Paese in termini di disgregazione del tessuto sociale, di comportamenti aggressivi, di disagio economico, di malcostume.
Svilita nella sua funzione educativa, ridotta a figura di folklore, raccontata come coacervo di situazioni paradossali e di individui grotteschi, la scuola rappresentata sotto il genere della commedia è uno stratagemma per disconoscere i meriti dell’istituzione e, cosa ancora più grave, per sconfessarne le finalità democratiche di istruzione e formazione del cittadino.
Sono queste le ipotesi di fondo che, con il presente libro, l’autore ha cercato di avvalorare attraverso l’analisi di sette casi particolari, di autori e relative opere che, dalla fine degli anni Ottanta ad oggi, avrebbero contribuito a diffondere un’idea del tutto fallimentare dell’universo scolastico, marcando, grazie al successo di pubblico riscosso, l’immaginario collettivo degli italiani secondo logiche qualunquistiche e conformistiche.
Roberto Sandrucci insegna Storia e Filosofia nella scuola secondaria superiore ed è stato in passato un maestro di scuola elementare. Da molti anni collabora con la I cattedra di Pedagogia generale dell’Università “Sapienza” di Roma. Nella sua formazione ha unito studi di indirizzo antropologico, filosofico e pedagogico. È autore di pubblicazioni varie, su rivista e in volumi collettanei, su temi quali l’omologazione degli individui nelle società democratiche di massa, i rapporti tra capitale e poesia, l’insegnamento della storia ai bambini, la letteratura di fronte la guerra, la teologia di fronte la dittatura; il suo lavoro si è concentrato su autori quali Renato Serra, Dietrich Bonhoeffer, Günther Anders.