La ribellione giovanile è stata fissata per sempre nell'immagine di una cascata di piume svolazzanti strappate a dei cuscini. Dopo questa sequenza di Zero in condotta, l'immaginario non è stato più lo stesso. Di Jean Vigo, Buñuel disse: "il cinema può andare avanti quanto vuole, ma non supererà mai e forse non raggiungerà un film come L'Atalante, un film dove c'è già dentro tutto".
A partire dal secondo dopoguerra, l'impatto estetico e concettuale dei film di Vigo ha condotto sia a opere chiaramente ispirate alle sue, che ad articolate riflessioni sul rapporto tra canone e libertà. I sette contributi raccolti in Sulle tracce di Jean Vigo offrono non solo un profilo biografico completo e complesso del cineasta, ma discutono approfonditamente i numerosi aspetti del suo lavoro, e lo fanno partendo da punti di vista differenti impiegando gli strumenti della sociologia, della filosofia politica, dell'estetica e dei visual studies.
"Da Jean Vigo ho imparato una regola fondamentale, professata sia nei suoi primi documentari che nei due film a soggetto che ha girato dopo: non esiste l'obiettività (né al cinema né in altri media). Esiste solo il punto di vista dell'osservatore, nel suo caso del regista, in altri casi dello scrittore o del reporter, o del giornalista. [...] Come era successo alla carriera del padre anarchico, anche le opere di Jean Vigo vennero censurate dalle autorità governative francesi e i suoi film bollati come antipatriottici e dunque da mettere al bando. Solo molti anni dopo, il cinema, non solo francese ma del mondo intero, si renderà conto del valore di quel giovane regista, messo all'indice dall'ottusità del potere. Tra i primi a riportarlo in auge, Luis Buñuel e François Truffaut, che troveranno nelle sue opere quel vento di indipendenza e quella sete di libertà che segneranno anche molte delle loro opere, basti pensare a I quattrocento colpi del 1959 di Truffaut o a L'angelo sterminatore del 1962 di Buñuel. Dimenticati per oltre vent'anni, i film di Jean Vigo verranno restaurati solo a partire dal 1945, dopo la caduta del nazifascismo, riportando alla conoscenza del pubblico uno dei pionieri del cinema, forse il più coraggioso e il più aperto alla innovazione del linguaggio cinematografico." (dalla presentazione di Roberto Faenza)
Jean Vigo, morto di tubercolosi nel 1934, a soli 29 anni, è considerato da molti uno dei massimi maestri del cinema. Figlio dell'anarchico Miguel Almereyda, ha cambiato la storia del cinema con le sue pur poche e brevi pellicole, sempre tagliate o vietate dalla censura francese dell'epoca: À propos de Nice (1930), Taris, roi de l'eau (1931), Zéro de conduite (1933), L'atalante (1934).