Cultura
 




Mercoledì 13 Marzo 2002
     
SCOPERTE
Nell’originale il poeta descrive la bellezza delle figlie dell’amata cugina Geltrude

Leopardi e il mistero della lettera censurata

PISA - Semplice omissione o deliberata censura? Il ritrovamento di una lettera di Giacomo Leopardi, scritta il 30 aprile del 1827 al fratello Carlo e poi dimenticata, è al centro di un appassionante enigma letterario. Della missiva fino ad oggi si conoscevano i contenuti grazie a una trascrizione del biografo Prospero Viani conservata nell’Archivio di Stato di Reggio Emilia. Un documento simile all’originale, questo, anche nei minimi particolari, ma con un’inspiegabile omissione: quella di un capoverso nel quale Giacomo descrive, deluso, la bellezza delle figlie di Geltrude Cassi, la donna al quale il genio di Recanati appena adolescente dedicò il Diario del primo amore e l’elegia Il primo amore . La lettera è stata scoperta dal docente fiorentino Alessandro Panajia. Si è materializzata in un archivio privato di Pavia mentre Panajia stava lavorando a un saggio dedicato a Teresa Teja Leopardi, cognata scomoda del poeta, che sarà pubblicato dall’Edizioni Ets di Pisa. Ieri mattina Panajia e Franco Foschi, direttore del Centro nazionale di studi leopardiani di Recanati, hanno presentato in anteprima la scoperta. La lettera, scritta da Leopardi mentre si trovava a Bologna, è rivolta all’amatissimo fratello Carlo.
Non sarebbe un documento di eccezionale valore (Leopardi chiede al fratello di trovargli un foglietto nel quale si annuncia un’edizione dell’ Eneide del Caro) se non, appunto, per l’omissione. Nella lettera autografa, infatti, Leopardi descrive l’aspetto fisico di Vittoria e Augusta Lazzari, figlie di Geltrude Cassi, la cugina che nel dicembre del 1817 lo aveva turbato e che Giacomo aveva descritto con parole appassionanti. Dieci anni dopo, per le figlie, i toni sono completamente opposti: «...che (Vittoria n.d.r. ) si è fatta bella, ma io non so dove stia questa bellezza; che sarebbe sposa di Staccoli, ma non è, perché la madre di Staccoli non ci acconsente; che la sorella Augusta si è fatta grande e bella, e io comprendo benissimo l’uno e l’altro, ma è una bellezza tanto languida, tanto pallida, tanto sottile, che par piuttosto uno spirito che un corpo, è proprio l’opposto della madre, e io credo che un soffio basterà a farla svanire affatto».

Marco Gasperetti

 

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