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Dizionario di didattica

Leonardo Trisciuzzi

Ed ETS - 88-467-0410-x

Presentazione

 

 

Avvertenza

 

Se qualcuno dubitasse ancora della complessità dei problemi che oggi la didattica deve affrontare non avrebbe che da sfogliare questo volume, e leggerne anche solo alcune voci. Si renderebbe conto di due cose: che la conoscenza didattica è il risultato di un lungo cammino della ricerca e che per entrare consapevolmente in tale campo della conoscenza occorre liberarsi da schematismi fin troppo consolidati nel senso comune. Eppure, di didattica si parla nei modi più disinvolti. Basta leggere i giornali per trovarsi di fronte all’esibizione di un sapere didattico frutto di pensieri estemporanei. Dal momento che tutti, almeno come allievi, hanno avuto esperienza della didattica, pochi resistono alla tentazione di impalcarsi a maestri, proponendo o lasciando intravedere soluzioni più o meno suggestive alle tante difficoltà che gli insegnanti si trovano di continuo a dover affrontare. I più riflessivi cercano nei ricordi di scuola argomenti a sostegno delle loro affermazioni, ma è frequente trovarsi di fronte a prodotti di fantasia, il cui fine è palesemente quello di stupire, perché mai chi si fa paladino di certe proposte rischierebbe di praticarle in proprio. Il voler essere esibito con simili proposte non reggerebbe, infatti, alla prova dei fatti, con le contraddizioni che sono proprie dell’insegnare e dell’apprendere nel mondo contemporaneo.
Avviene dunque che attorno alla didattica si assista ad un gran parlare, in cui ad argomenti sensati si affiancano pensieri in libertà. Il risultato è una grande ambiguità, che investe lo stesso linguaggio educativo. Accanto a parole ed espressioni tradizionali si ritrovano parole ed espressioni nuove, assunte nel linguaggio comune tramite prestiti da quello scientifico. Ma in entrambi i casi ci si trova di fronte ad alterazioni di significato: le parole e le espressioni tradizionali permangono senza che se ne sia rivisto il significato alla luce del mutare dei quadri in cui si pratica l’educazione, e quelle nuove sono assunte per assonanza o per contiguità con repertori interpretativi consueti. Può accadere perciò che una formulazione appaia innovativa perché contiene elementi linguistici inconsueti, ma sia sostanzialmente conservatrice, perché è stata operata una riduzione dei significati al senso comune. Contenere l’ambiguità del linguaggio della didattica è, per questa ragione, un’esigenza che gli insegnanti e i ricercatori più avvertiti considerano preliminare per una corretta impostazione del loro lavoro.
Non è facile tuttavia procedere nella direzione indicata. Far corrispondere una definizione alle voci di un lemmario è un’operazione che suppone una certa stabilità dei riferimenti conoscitivi. Quando, com’è nel caso della didattica, ci si muove invece in spazi indeterminati, nei quali le suggestioni affidate alle parole prevalgono sui significati, occorre in primo luogo richiamare un corpus di conoscenze, entro il quale debbono essere stabiliti i collegamenti opportuni, sul piano diacronico – per cogliere le variazioni intervenute per effetto del mutare delle condizioni educative e degli apporti della ricerca – e, sul piano sincronico, per dar conto della varietà degli angoli visuali che è necessario considerare per definire correttamente un concetto. Ed è ciò che Leonardo Trisciuzzi ha fatto in questo dizionario. Parole ed espressioni non sorgono dal nulla, ma si radicano in teorie ed esperienze delle quali bisogna ricostruire il percorso evolutivo. D’altra parte, la conoscenza didattica, pur configurandosi come un terreno autonomo, raccoglie e conduce ad unità apporti la cui origine va individuata in altri settori della ricerca, entro i quali spesso continuano a svilupparsi in funzione di specifiche esigenze. È il caso dei prestiti che alla didattica sono venuti e continuano a venire dalle altre scienze umane (come la psicologia e la sociologia), ma è anche il caso dei contributi che in tempi recenti sono venuti dall’analisi scientifica dei processi organizzativi e decisionali e dalle nuove tecnologie per l’archiviazione, l’elaborazione e la comunicazione di dati e messaggi.
Da un dizionario di didattica ci si deve attendere un aiuto per rispondere a tre domande, formulate a metà del Seicento da Johan Clauberg, un filosofo cartesiano tedesco autore di un’opera assai poco conosciuta in Italia, ma che meriterebbe ben altra attenzione (Logica vetus et nova). Scriveva Clauberg che occorre innanzi tutto essere consapevoli della cultura che si trasferisce attraverso la didattica, e degli intenti che si perseguono (quid sit tradendum et quo fine); si debbono conoscere le caratteristiche di insegnanti ed allievi (quis traditurus, quis effecturus); bisogna, infine, individuare le soluzioni più appropriate (quomodo tradere conveniat). Lasciare senza risposta una qualunque di queste domande equivale a cadere in una settorialità dalla quale non può derivare una buona didattica: si scadrebbe, e non mancano gli esempi, in un chiacchiericcio generico o nella raccolta di un campionario di soluzioni tecniche. Questo libro sarà utile a chi voglia trovare risposte appropriate.


Benedetto Vertecchi

 
     

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