TEORIA
Rivista di filosofia
XIX/1999/2


Vittorio Sainati

Premessa, pp. 3-5

    Tra il pomeriggio del 28 gennaio 1999 e il mattino del giorno successivo si tenne presso il Dipartimento di Filosofia dell'Università di Pisa una «Giornata di studio» promossa congiuntamente dallo stesso Dipartimento e dalla ETS (L'Editrice Tecnico-Scientifica, che da molti anni accoglie nella sua produzione editoriale gran parte delle ricerche filosofiche pisane).
    Chi abbia seguito con qualche attenzione la serie dei più recenti fascicoli della rivista TEORIA, si stupirà assai poco del carattere monografico programmaticamente impresso al dibattito di quella «Giornata»: se almeno è vero che quest'ultima era stata preceduta con successo da analoghe iniziative sperimentali, che appunto in TEORIA avevano trovato il loro svilupo e la loro definizione conclusiva (pensiamo soprattutto alla ricerca sull'articolata dialettica speculativa del giovane Heidegger, pubblicata in TEORIA, 1997/2; o alla discussione dei più innovativi percorsi del rinascente ebraismo novecentesco, apparsa in TEORIA, 1998/2).

    Protagonisti della nuova «Giornata» furono i quattro relatori espressamente invitati: Franco Bianco e Francesca Brezzi, della terza Università di Roma; Filippo Costa, dell'Università di Palermo; Aldo Magris, dell'Università di Trieste. La loro esperienza dei termini in cui si viene ancor oggi dibattendo la crisi di crescenza del discorso filosofico era ben nota: da essa potevamo dunque attenderci l'identificazione di alcuni nuclei problematici sufficientemente unitari , e tuttavia suscettibili di liberi e innovativi rapporti con determinati settori della filosofia europea.

    Stante il problema in questa forma, veniva quasi ovvia la tentazione di orientare tematicamente la discussione verso quell'imponente moviment ermeneutico che ormai da alcuni anni sta penetrando e variamente ispirando anche la cultura filosofica italiana. Senza dubbio un'impresa del genere non poteva, per l'ampiezza del suo orizzonte teorico e per lo spessore del suo impegno storiografico, oggettivarsi ed esaurirsi in limiti arbitrariamente prefissati: di qui l'esigenza di lasciare ai quattro relatori ó particolarmente esperti in fatto di prospettive ermeneutiche ó la libertà di specificare, a giudizio o pre-giudizio di ciascuno di loro, la puntuale prospettiva adottata, pur nel rispetto del tema generale suggerito dall'organizzazione della «Giornata».

    Il titolo «Mito e demitizzazione» emergeva così, con tutta naturalezza, come legittima risultanza di precisi e convergenti atti selettivi. Esso rimandava infatti a quell'intenso esercizio di critica teologica che, esemplificato essenzialmente dall'ampio progetto di lavoro del Bultmann, già accennava a collocarsi a uno stadio più avanzato, sempre temuto e tenacemente esorcizzato dalle varie scolastiche europee.

    Lette in questa ottica, le relazioni qui presentate acquistano allora un significativo valore documentario, come segnalazione di quel «punto di svolta» in cui la rigidità del dogma metafisico si scioglie finalmente nella mobile trasparenza di un sapere soltanto possibile.

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