Etica, costume, società

L’invenzione freudiana ha profondamente influenzato la cultura occidentale ma alla diffusione e penetrazione della psicanalisi nei campi del sapere sembra contrapporsi una crescente mistificazione della sua portata in termini di sovversione del soggetto. Non c’è lapsus che non venga detto «freudiano» dall’uomo della strada come dal giornalista coltivato fino allo «specialista» in dotti convegni ma c’è da dubitare – in tutti e tre i casi – che si colga la sfida che questo dire implica.
La società ci interpella: come rispondere senza consegnare immediatamente la psicanalisi alla medicalizzazione, all’omologazione? A partire da Freud sono possibili diversi sviluppi ma non qualsiasi sviluppo.
Non si tratta di difendere la psicanalisi «viennese» conservata in serra – peggio – mummificata, ma la psicanalisi «viennese» vivificata da un «ritorno a Freud» che ritraduca in domanda ciò che si è trasformato in certezza a volte delirio e ci riporti dalla dottrina alla teoria, alla «strega».
Freud scrive: «Se un fiore fiorisce una sola notte non perciò la sua fioritura ci appare meno splendida». Siamo in grado di ascoltare?
Il Laboratorio di Ricerca Freudiana rilancia un’occasione per «pensare insieme», per sollevare la questione dell’inconscio dall’oblio cui viene continuamente confinata affinché il soggetto – non ricattato soltanto dal delirio di autonomia e padronanza – possa trovare, proprio lì nella sua precarietà e fragilità, le risorse per affrontare un’esistenza senza alibi. Una psicanalisi dunque come lavoro di civiltà per non accrescere il male di vivere con la menzogna su noi stessi.

info:http://www.edizioniets.com/anteprime/88-467-1203-X_percorsi_III-2004